Compagno d’ogni buongiorno,
arrogante dietro pianti di condensa,
che mi hai sempre osato rimprovero
di credere di capire senza sapere,
lasciami amare,
or che mesto intravedo
smorzarsi la fiamma
in un tramonto tempestoso,
più certo che in un flebile sereno,
quella povera ombra
che, di me,
con appannato sentimento,
hai riflesso zuppa di turbamento.
Perché son certo, in cuor mio,
che i frutti della mente,
serbati all’oblio o all’eredità,
hanno ormai la giusta maturità.
Perché son certo, mi rimane,
pel tempo che d’ora innanzi premerò,
il Valore umano dei miei insuccessi,
Fenice dall’ombra dei tuoi riflessi.
Commento
Questa poesia si può dire a pieno titolo ardimentosa, perché osa presentare il fallimento come valore: è tutto lì il cuore del suo pensiero, nel penultimo rigo:
il Valore umano dei miei insuccessi
Di per sé non si tratta di un’idea totalmente inedita: nella storia è possibile riscontrare ad esempio Socrate, oppure i martiri della mafia, o il vertice raggiunto dalla morte di Gesù. In questa poesia abbiamo però un osare ancora di più. Se pensiamo agli esempi che ho indicato, i relativi fallimenti sono considerati meritevoli di essere attraversati in vista di un valore; si tratterà del valore dell’onestà, o della coerenza, oppure dell’amore divino. Qui invece gli insuccessi non sono presentati come al servizio di un valore, ma sono essi stessi valore; la Fenice che risorge sono gli insuccessi stessi; è come dire che ciò che nella vicenda di Gesù è risorto è la morte stessa; altrimenti possiamo anche dire che Gesù stesso è la morte che è risorta. Gesù non avrebbe mai accettato una simile idea, perché per lui il male è male, la morte è il nemico numero uno, il fallimento è odiosissima sofferenza. In tutto questo possiamo riscontrare la mentalità greca della coerenza, mentre invece la poesia di Di Martino propone qualcosa di diverso, un diverso modo di pensare, un’altra filosofia. Si potrebbe parlare di redenzione dell’universo. Ma andiamo al testo.
Sin dal titolo il protagonista centrale è lo specchio, col riflettere suo, il rinviare un’immagine che provoca il riflettere nostro. La compagnia del buongiorno introduce in un’atmosfera amichevole, che smorza, ma anche contrasta, l’immediata arroganza riferita al verso successivo. Si tratta dunque in partenza di un’esperienza di tradimento: è un compagno arrogante. Quest’arroganza è resa ancora più pesante da un’accusa di falsità e ipocrisia: lo specchio lacrima, sembra avere empatia, vivere dentro di sé le tue sofferenze, mettersi nei tuoi panni, ma è solo arroganza.
In questa poesia, dunque, lo specchio è un interlocutore con cui c’è contesa, polemica. Ma perché lo specchio è arrogante, perché c’è polemica con esso? Lo specchio è arrogante perché ha la pretesa di riflettere, saper riflettere, e riflessione è filosofia. Lo specchio è arrogante perché fa il filosofo e come filosofo ha la pretesa di poter rimproverare, poter dettare cosa è bene e cosa è male. Questo rimprovero fa male al poeta, perché la riflessione ha un potere di convincere. Questa poesia è una lotta contro le convinzioni che lo specchio ha la pretesa di trasmettere, è lotta contro la filosofia, che era riuscita a convincere il poeta di essere colpevole; rivoltarsi contro lo specchio è così un atto di ribellione contro una schiavitù, un’uccisione freudiana del padre, che vorrebbe dettare le regole morali. Il rimprovero che lo specchio filosofo era riuscito ad inculcare al poeta era quello
di credere di capire senza sapere
Ma ora il poeta ha capito che lo specchio, nel rimproverare al poeta di credere di capire, cade proprio esso nella stessa ipocrisia: è lo specchio a credere di capire (capire nel senso di riuscire a contenere l’immagine) e, ciò che è ancora più grave, lo specchio vuole far credere a noi che egli riesce a capire.
La ribellione del poeta è uno sforzo di rivolgere l’attenzione a qualcos’altro: si tratta di una ribellione da attuare al proprio interno, perché è lì che la filosofia produce i suoi inganni, perciò quel
lasciami
è un invito rivolto soprattutto a sé stesso, perché lo specchio riesce ad imprigionare la mente del poeta. Egli compie lo sforzo di scuotersi da questo virus entrato nella mente e trova l’alternativa al riflettere dello specchio filosofo: amare. Si tratta di amare ciò che lo specchio aveva invece comandato di odiare:
quella povera ombra
ombra da odiare perché inzuppata di turbamento. La filosofia non ama il turbamento, la filosofia è riflessione che vuol far credere di essere sempre serena, come le stelle che non vengono turbate da ciò che avviene in terra. È questo l’appannato sentimento: la pretesa della filosofia di apparire migliore, addirittura attraente, perché fa vedere le cose appannate, soffuse, come le foto romantiche ritoccate, altrimenti sarebbe svelata la sua stessa ipocrisia, così come ciò che le foto in realtà ritoccano non è l’oggetto raffigurato, ma sé stesse.
In questo contesto di idee, la fiamma che si va smorzando è il misto di arroganze, rimproveri, entusiasmi e crucci di credere, capire, sapere, buongiorni, è il fuoco di paglia delle ipocrisie che lo specchio aveva sempre suscitato nel poeta, con le sue ipocrisie. Questa fiamma ora sta per essere sostituita da un’altra fiamma, che è più autentica, non è esuberante ed esibizionista come quella della paglia, ma possiede la calma robusta della fiamma che invece scaturisce dalla legna; questa fiamma che possiede il calore vero è l’amore:
lasciami amare
Il tramonto tempestoso, manco a dirsi, è il tramonto delle ideologie. In questa tempesta, però, il poeta comincia a vedere certezze superiori, superiori non per qualche filosofia o religione, ma perché sono parte di una crescita. In questo senso, il flebile sereno era l’ipocrita serenità offerta dalle certezze filosofiche riflesse dallo specchio, flebile come la fiamma da paglia che ora si sta finalmente smorzando per lasciare il posto ad esperienze più autentiche e consistenti.
Nella strofa successiva la nostra attenzione viene reindirizzata alla certezza: la parola “certo” anima ciascuna delle tre strofe e rappresenta lo stato d’animo che il poeta sta riuscendo ad acquisire; non si tratta delle certezze vantate dallo specchio, cioè dalla filosofia, ma di certezze maturate in un cammino di crescita; una crescita che è a buon punto, perché ora il poeta parla di frutti. Sono frutti della mente, quindi pur sempre nati da riflessione, ma una riflessione che ora è riuscita a far polemica contro sé stessa e a riservare un posto adeguato al componente che la filosofia aveva fatto trascurare: l’amore, amore per la povera ombra.
C’è ancora uno sforzo di divincolarsi dalle maglie filosofiche nel dire del poeta a sé stesso che non importa esistere in eterno, risuscitare a una nuova vita, continuare a vivere nella mente altrui, oppure essere dimenticato: tutto questo non importa, è solo vecchia filosofia. Ciò che conta è amare, ora. Questo il poeta gusta come giusta maturità, come frutto che merita di essere assaporato.
Questo frutto è un valore umano, ma non è valore da prestare il fianco ad alcuna crisi dei valori: non corre questo pericolo, perché il mondo neanche si accorge di questo valore, è cieco nei suoi confronti: il valore degli insuccessi. Questo valore
rimane
Il rimanere è un verbo importante, perché indica qualcosa che entra dentro e diventa parte di noi, costituisce la nostra identità, allo stesso modo come prima, invece, ad entrare dentro e costituire la nostra identità era stata la riflessione, il riflettere, propinato dallo specchio.
Il tempo da venire è oggetto di pressione, inseguimento. Questa pressione era prima dettata dal riflettere, ora è dettata dall’amore, l’amore per la povera ombra, ora di nuovo ricordata come Fenice: è questo il valore umano degl’insuccessi.
La Fenice è il mistero della nuova esistenza, ma non si tratta di un mistero troppo misterioso, che presterebbe il fianco a un’accusa di vacuità, indefinitezza. La Fenice è tutto il percorrere vissuto dal poeta e tuttora in corso di attuazione; non è una risurrezione avvenuta una volta per tutte, ma un risorgere continuo, sempre nuovo, sperimentato con tutta la ricchezza d’animo che solo l’amore può dare.
Si tratta di un amore che deve ancora crescere ulteriormente, perché in questa poesia non si parla di amore per l’altro; tuttavia è comunque un processo di crescita, dunque si tratta di amore autentico, che non avrà certo alcuna remora ad aggiungere la gioia di crescere anche nei confronti del prossimo.
Riassunto del video
Ragionare per ricerca di cause, di senso, condurrà a vedere un mondo ingabbiato nel determinismo o privo di senso. Possiamo rimediare non privandoci della ragione, ma facendo dialogare diversi modi di pensare.
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