Indice delle lezioni

 

Il tutto e le sue parti nelle strutture della spiritualità

Completiamo questo tipo di analisi delle strutture della spiritualità considerando questo crucipuzzle piccolissimo:

P R O N T A M E N T E

Al suo interno è possibile individuare due parole: PRONTA e MENTE, mentre ce n’è una terza che costituisce l’intero crucipuzzle: PRONTAMENTE. Voglio evidenziare che non c’è differenza tra l’intero crucipuzzle e le parole in esso contenute: il crucipuzzle non è altro che una lunga parola, eventualmente con le lettere disposte a forma di quadrato, al cui interno è possibile individuarne altre. Se trasferiamo questo concetto al fatto che il nostro cervello può essere considerato un crucipuzzle, significa che non c’è differenza tra il nostro cervello e le idee in esso contenute: il cervello non è altro che un’idea, una struttura più grossa, all’interno della quale è possibile individuare idee più piccole. È un insieme di neuroni, in una grande struttura, all’interno del quale è possibile individuare insiemi più piccoli di neuroni e strutture più piccole; ciò che cambia è solo la dimensione e la complessità. Si potrebbe anche dire che il cervello è costituito da tanti piccoli cervelli al suo interno.

Avevamo detto che l’intero universo può essere considerato come un grande crucipuzzle, come un grande cervello; ne consegue che ogni oggetto dell’universo è considerabile a sua volta come un piccolo crucipuzzle o una piccola idea al suo interno. A questo punto è possibile dire che non c’è differenza tra idee e oggetti, poiché sia le idee che gli oggetti non sono altro che strutture che noi pensiamo di poter individuare. Una pietra si può considerare una struttura e sulla sua superficie può essere possibile individuare delle figure, come facciamo a volte anche con le nuvole; in questo caso quella pietra è come un cervello in cui vediamo ad occhio nudo la presenza casuale di un’idea.

Dopo quanto abbiamo detto, non è difficile ammettere che non solo il cervello pensa, ma anche le idee pensano. Quindi non solo io penso le idee, ma succede anche che esse pensano me. Ovviamente lo fanno a modo loro, ma l’unica differenza tra il mio pensare l’idea e l’essere pensato da essa sta solo nel grado di complessità e nel tipo di strutture, come nella differenza tra il crucipuzzle e le parole che vi stanno dentro. Non è difficile così considerare che tutto può essere considerato idea, poiché tutto è fatto di strutture e qualsiasi struttura può essere considerata un’idea.

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Salve a tutti. Siamo arrivati al post intitolato “Strutture della spiritualità, parte terza”. In questo post suggerisco un’idea che non è che sia una novità. L’idea – poi si può leggere sul sito, qui soltanto l’accenno – l’idea è che tutto – il mondo, noi stessi, la nostra mente, eccetera – tutto può essere considerato idea. Così come il nostro cervello contiene delle idee, ma esso stesso può essere considerato una grossa idea che ne contiene altre e viceversa: ogni singola idea si potrebbe pensare come un piccolo cervello capace di vita autonoma. Dicevo non è una novità, perché in realtà l’idealismo è una filosofia di tanti anni fa non per questo cancellata. Diciamo che ciò che io adesso suggerisco non è un sistema di pensiero, non è una filosofia, anche se ha che fare con la filosofia, ma piuttosto preferisco considerarlo una chiave di lettura. Che cos’è una chiave di lettura e a che cosa serve? Una chiave di lettura è un modo di interpretare le cose, guardarle sotto un’ottica, sotto un particolare aspetto. Questo ha dei pro e dei contro, dei pregi e dei difetti. In che senso? Si capisce subito se faccio dei confronti, se faccio un paragone che può aiutare bene a comprendere. L’interpretazione, la chiave di lettura, si può paragonare ai coloranti che si usano quando bisogna fare delle ricerche con il microscopio. Quando bisogna guardare una cellula al microscopio, certe cose non si riesce a vederle bene, però se si introduce in quella cellula, in quel tessuto, del colorante, il colorante, ovviamente, altera tutto, altera tutti i colori, però certe parti, certe componenti, che prima risultavano difficili da individuare o impossibili, diventano più chiare, più evidenti, il colorante deforma tutto, ma evidenzia alcune cose che altrimenti non si sarebbero potute evidenziare. Così è l’interpretazione, la chiave di lettura, o, detto con una parola più tecnica, l’ermeneutica, che poi è tutto qui, è la stessa cosa. L’ermeneutica mi fa guardare la realtà in maniera, come dire, colorata e quindi deformata, ma mi permette di accorgermi di cose, di cui senza quella deformazione non mi sarei accorto. In questo senso ogni ermeneutica non si propone come un sistema unitario definitivo, cioè “il mondo e così e quindi va guardato così”, ma soltanto uno strumento, così come coloranti per guardare le cellule non devono servire a far rimanere tutto sempre colorato in quella maniera, ma soltanto per quella volta per evidenziare alcune cose. Qual è il vantaggio di considerare tutto ciò quindi come una prospettiva e non come un sistema di pensiero? Il vantaggio è il rispetto. Cioè, quando si segue un pensiero immaginandolo come un sistema, per interpretare tutto, per ridurre tutto a un’unica immagine, a un’unica idea, allora, sì, tutto viene inglobato e questo è comodo per il nostro cervello perché abbiamo la sensazione che con una sola idea stiamo riuscendo a capire tutto. Però nello stesso tempo a tutto si manca di rispetto, perché in realtà a nessuno piace essere inglobato dallo sguardo totalizzante dell’altro e anche qui un esempio può essere molto utile per comprendere. L’esempio è questo: se io vedo una persona che si comporta bene, ama il prossimo, medita, allora, se io sono cristiano, posso avere la tentazione di dire “Tu sei cristiano in fondo in fondo, perché ti comporti bene, perché ami il prossimo e quindi mi sento di considerarti cristiano”. Quella persona potrebbe non accettare questo modo di esprimermi, quella persona potrebbe reagire e dirmi “No, io non sono cristiano, non voglio essere considerato cristiano, io sono… sarò un musulmano, sarò un Ebreo, sarò un ateo, e voglio essere considerato per quello che io mi considero, non per quello che tu vuoi considerarmi, come un timbro che tu vuoi mettermi sulla fronte. Questo quando uno va avanti per sistemi di pensiero, cioè costruzioni che pretendono di essere un’immagine definitiva del mondo, mentre invece questa idea che io propongo come ermeneutica si propone come rispetto. Cioè, io uso questa chiave di lettura perché mi è comoda per evidenziare alcune cose, però uso come preconcetto l’attenzione a rispettare come ogni cosa desidera essere guardata, soprattutto considerando che la mia chiave di lettura, come dicevo, è un colorante che appunto deforma la realtà, quindi non è giusto, non ha senso decidere di adottarlo in maniera definitiva. Ora, tutto questo in partenza è positivo perché ci permette di considerare tutto in maniera… o almeno, certe cose in maniera più chiara, però poi sorgono anche i problemi proprio a causa del rispetto. Perché? Perché, quando io dico una persona “Io voglio rispettare il tuo modo di considerare te stesso, quindi, se tu mi dici che sei ateo, sei musulmano, io ti considererò anche ateo oppure musulmano cioè sono disposto a mettere da parte la mia ermeneutica, la mia chiave di lettura, c’è però il problema della propaganda. Cioè ognuno di noi tende a fare propaganda del proprio modo di pensare e ci sono tanti modi di fare propaganda anche in maniera di cui non ci accorgiamo noi stessi, oppure volutamente occulta, per farla andare avanti nelle menti degli altri, senza che se ne accorgano. E allora, se, supponiamo, io sono un musulmano e dico al cristiano “Io voglio rispettarti; tu sei cristiano e quindi accetto che tu possa avere un modo diverso di vedere. Però poi ognuno farà propaganda per il suo mulino, per tirare acqua al proprio mulino e la propaganda significa espandersi, diffondersi e quando ci si espande prima o poi poi avviene lo scontro in qualche spazio. Ora non voglio risolvere il problema qui, soltanto accenno al fatto che alla fin fine poi si tratta di saper fare marcia indietro addirittura saper morire, ma l’argomento della morte poi è un argomento di cui mi occuperò più avanti in questo cammino di spiritualità. Mi interessava qui notare soprattutto questo: il positivo di adottare delle chiavi di lettura e quindi l’attenzione ad evitare lo slittamento, la caduta nella tentazione di universalizzare la chiave di lettura e considerarla definitiva: “è così, perché mi piace, perché così si spiega tutto”. No, niente è così, è una chiave di lettura che ti è servita per evidenziare alcune cose, può essere comoda, può far capire molte idee che altrimenti diventavano oscure, ma ogni chiave di lettura deve essere, è, temporanea, quindi questa idea che ho proposto in questa pagina del blog, dicevo il punto numero quattro “Strutture della spiritualità”, tutto considerato come idea, è nient’altro che un colorante per evidenziare che la spiritualità può essere individuata anche dappertutto, senza per questo voler offendere, per esempio, una pietra che vuole dirmi “No, io non ho spiritualità e non voglio essere considerata come un oggetto spirituale”. In questo senso la spiritualità, dicevo già nei messaggi precedenti, per me una spiritualità autentica è in grado di fare anche marcia indietro, fare spazio anche al suo opposto per il dialogo, per il piacere del convivere e di arricchirsi a vicenda. Vi rimando quindi alla continuazione del cammino. Questi sono stati dei post un po’ più tecnici, più schematici, man mano vorrei poi affrontare degli argomenti più, diciamo, vicini all’esistenza, vicini proprio all’interpretazione dell’esistenza, ma tutto si può provvedere già nel sito, oppure con con i prossimi video a cui vi dò appuntamento. Arrivederci a tutti.