Indice delle lezioni

 

Nella lezione Spiritualità della parola, ho indicato il testo e le parole come luogo importante, oltre alle persone, in cui vivere esperienze di spiritualità. Ho anche lasciato intendere che, comunque, la parola non è essa stessa, tale e quale, spiritualità: la spiritualità, la nostra interiorità, è comunque oltre la parola, possiamo anche dire oltre tutto ciò che riusciamo a pensare con troppa chiarezza. Ora, nei confronti della parola, il suono, la musica, ha il vantaggio di distrarre di meno la mente verso il pensare definito, verso il ragionare, il riflettere. D’altra parte, da sempre gli esseri umani di tutti i luoghi e tutti i tempi hanno mostrato apprezzamento per la musica come luogo privilegiato di esperienza spirituale: ogni religione, ad esempio, ha le proprie tradizioni musicali, ma anche il fatto che un cantante rock venga considerato oggetto pressoché di culto ci dice molto sulla capacità della musica di muovere le corde più intime del nostro cuore e della nostra mente.
Come lasciavo intendere, la musica ha il vantaggio di non impelagarsi in discussioni filosofiche, critiche, sulla coerenza o meno delle dottrine religiose; un brano musicale può trascinarci alla spiritualità con maggiore potenza di un intero sistema di pensiero. Questo permette alla musica di essere uno strumento di spiritualità trasversale, cioè di scambio delle sensibilità anche attraverso spiritualità e religioni che invece, riguardo alle dottrine e alle filosofie, cadrebbero facilmente in dibattiti e polemiche: anche un ateo può apprezzare senza difficoltà un Messa di Mozart o un canto musulmano, così come un credente di qualsiasi religione può trovarsi in sintonia con uno scettico a proposito, ad esempio, della passione per il blues o il per il jazz.
Fin qui però stiamo soltanto prendendo atto di ciò che la musica in sé è capace di essere. Per chi voglia seguire con impegno un cammino di crescita nella spiritualità, la musica è più di sé stessa, è altro ancora, perché viene confrontata con il senso da dare alla propria vita. È possibile evidenziare una differenza tra chi ascolta o suona un brano solo per passione verso la musica e chi invece lo fa all’interno di un camminare spirituale. Nel secondo caso, l’esperienza di ascolto o interpretazione di quel brano viene vissuta come parte di un cammino di crescita spirituale consapevolmente progettato. Infatti, sebbene tutto possa essere spiritualità, in questa rubrica io intendo mettere in evidenza la spiritualità vissuta come progettazione consapevole, fatta anche a tavolino con carta e penna, oltre ad avere anche i suoi spazi di spontaneità.
In conseguenza di questa visione, si apre per il camminante nello spirito la possibilità di progettarsi degli itinerari di crescita musicale. Lo scopo non sarà diventare musicisti, sebbene non sia escluso, ma, all’interno di un orizzonte specificamente dedicato alla spiritualità, sarà piuttosto quello di crescere nel meglio di ciò che l’umanità ha saputo creare e una componente essenziale di questo meglio è senz’altro la musica.
Andando più al concreto, ciò significa che chi voglia percorrere un cammino di crescita spirituale farà bene a mettersi a tavolino, prendere carta e penna e progettare i propri ascolti musicali. I criteri per questo progetto potrebbero essere tanti: anche la scuola tenta di darci una formazione musicale; un criterio che io consiglio è quello di provare a individuare il meglio della musica mondiale e cercare di conoscerlo. Esistono liste dei migliori capolavori mondiali, una ho provato a stenderla io stesso combinando criteri diversi e adoperando diverse fonti; sono liste senz’altro discutibili, ma hanno una loro validità per lo sforzo che rappresentano: sono un invito a percorrere dei cammini di ascolti musicali, piuttosto che sprecare tempo della nostra vita in ascolti passivi che non ci formano, non ci danno crescite.
Credo che vivremmo in un mondo migliore se nell’umanità fosse più diffusa una cultura musicale ben curata, fatta anche di critica musicale, ma soprattutto di godimento della musica vissuto come gestione di un desiderio di crescere attraverso il meglio di essa che l’umanità è riuscita a creare; autoeducazione all’ascolto, nello specifico ascolto di un microuniverso che ci dà esperienza dell’infinito.

Salve a tutti.

Siamo arrivati all’articolo che ha come titolo “Spiritualità della musica”. In aggiunta a quello che già ho scritto nell’articolo, faccio notare che c’è anche un aspetto particolare per chi voglia impegnarsi in un cammino di crescita con la musica. Che cosa avviene? Naturalmente, più si va avanti, più ci si appassiona, si fa attenzione alle minuzie, ai particolari, lo stile, si comincia a fare attenzione addirittura anche alla qualità degli strumenti che ha usato l’interprete o quell’orchestra e, una volta che si comincia a guardare queste minuzie, purtroppo si vedono anche i limiti, i difetti, i difetti sia del compositore, degli interpreti, del direttore d’orchestra, o anche degli strumenti musicali che vengono usati.

Cioè dire, facciamo un richiamo anche diverso, ma sempre su questa linea. A volte uno può cercare l’alta fedeltà e allora spende un sacco di soldi per avere l’impianto che ti dà il suono perfetto, il suono che è più possibile simile agli strumenti originali, ma poi allora uno pensa: ma io con tutti questi soldi potrei andare direttamente ad ascoltarli di presenza tanti concerti, e poi ti accorgi che il problema non è questione di alta fedeltà, è questione che proprio lo strumento ha i suoi limiti. Anche un violino come uno Stradivari, che ha un valore inimmaginabile, milioni, non so, miliardi, e però anch’esso ha i suoi limiti, anch’esso ha i suoi difetti. E allora che cosa viene fuori? Che la musica non è il paradiso, non è la perfezione, non è quella cosa che riesce a darci la felicità. La musica, come tutte le produzioni umane, ha anche i suoi grandi limiti e allora come considerarla? Non è la ricetta per stare bene, la musica, così come tutta la spiritualità in realtà. Allora in questo senso la musica va guardata piuttosto come strumento di perfezionamento. Cioè, è vero che ci sono tutti i limiti dello strumento, dell’interprete, eccetera, ma proprio lì c’è un cammino. L’interprete sta studiando, sta cercando di migliorare. Per quanto riguarda gli strumenti, anche gli strumenti sono in continuo progresso: si studia sempre per fare pianoforti migliori, violini migliori, chitarre migliori e quindi la musica, più che rappresentare un punto di arrivo, rappresenta un cammino in corso. Quindi la musica mi dice non: ecco adesso sei in paradiso, sei felice. Mi dice: cammina, vedi com’è bello camminare, ottenere dei risultati impressionanti. Però bisogna avere una sensibilità raffinata per poterli apprezzare. Allora io capisco che lì, in quell’opera musicale, più che altro c’è umanità, c’è la comunicazione di una personalità, quella del compositore, quella dell’interprete, o addirittura anche la personalità del fabbricatore di quello strumento musicale. Ora, in questo senso allora, è chiaro che si impara poi ad aborrire, o per lo meno a saper distinguere la musica fabbricata dal computer, perché il computer ti dà la perfezione matematica e proprio per questo gli manca un’umanità da comunicare, un messaggio da trasmettere. Allora preferisco le imperfezioni di un interprete, o anche l’imperfezione del compositore stesso, perché mi comunicano che c’è una persona dietro che ha qualche cosa da dirmi, c’è una personalità che mi viene comunicata. In questo senso allora le musiche, la musica, piace, piacerà, non perché mi sono piaciute certe musiche, perché questo crea il pericolo che poi tutte quelle che non sono simili alle musiche che mi sono piaciute le considererò non musica, ma la musica mi piacerà perché arricchisce, favorisce il mio camminare.

Alla fine di questa considerazione propongo un lavoro che chiunque può fare, abbastanza semplice, ma anche interessante: sceglietevi una musica qualsiasi che conoscete bene, anche una canzone di musica leggera, e poi provate a conoscere – Youtube per esempio è molto comodo per una ricerca del genere – come quel brano è stato interpretato da vari altri interpreti. E allora si può scoprire che, per esempio, una canzone di un certo cantante, rifatta da un altro, può risultare addirittura migliore, e non soltanto per gusto personale, ma perché l’altro dimostra di aver saputo mettere qualche comunicativa in più. Quando si fa questo s’impara un pochino anche a non lasciarsi abbindolare dagli effetti speciali, dagli echi che fanno sembrare certe cose paradisiache, e andare a che cosa? Alla sostanza, cioè all’umanità e quindi anche in una musica che si sente male, che non è stata registrata bene, specialmente nelle registrazioni vecchie, si può sentire che però c’è una umanità enorme che continua a trasmettersi, nonostante una registrazione piena di rumori di sottofondo, disturbi, eccetera. Così, piano piano, quello che si impara non è più a quel punto soltanto sensibilità musicale, ma diventa sensibilità spirituale, perché questo mi insegna anche che cosa cercare nella vita: nella vita andrò a cercare soprattutto comunicazione di umanità, crescita, arricchimenti. Quindi auguro a tutti di trovare soddisfazione nel piacere di approfondire queste cose. Arrivederci alla prossima puntata.