Spiritualità e filosofia hanno scopi diversi
Riguardo alla differenza tra spiritualità e filosofia, nella lezione Perché interessarsi di spiritualità oggi, ho detto che a mio parere l’attenzione alla spiritualità oggi è uno sbocco del cammino filosofico orientato al pratico. Possiamo però osservare che in questo cammino della filosofia occidentale si è verificato un orientamento simile già all’interno di essa stessa. Mi riferisco al fatto che la filosofia greca era orientata in partenza alla comprensione del mondo, degli oggetti, mentre la ricerca col tempo ha ritenuto più opportuno rivolgere l’attenzione al soggetto, l’io, l’esistenza umana, la percezione umana. Questo cambiamento di direzione suggerisce già in sé stesso un orientamento di attenzione verso ciò che sperimentiamo dentro, dunque verso la spiritualità.
Pierre Hadot (1922-2010) ha condotto molta ricerca sulla filosofia come pratica che già in sé, sin dai Greci, è concepita in realtà come esperienza di vita e non come un mero riflettere distaccato. In considerazione di tutto ciò è interessante chiederci in che misura ci siano differenze e coincidenze tra spiritualità e filosofia. Viste le premesse che abbiamo fatto, è spontaneo ammettere in partenza che ci sono anzitutto coincidenze: qualsiasi persona che si metta a riflettere in modi più o meno filosofici lo fa perché prova un interesse e l’interesse è già un provare qualcosa dentro.
Nel tentativo di individuare una differenza essenziale, nel mio libro Camminare, alle pagg. 4-5, ho detto che
…la differenza tra meditazione e riflessione può essere individuata nel fatto che chi medita si sofferma su poche idee e le vive, le gusta, le approfondisce in uno stile di vita; chi riflette, invece, lavora su un maggior numero di idee e le fa interagire con maggior dinamismo; entrambe le vie hanno vantaggi e difetti: chi medita scopre meglio il gusto di poche idee e si sofferma più a lungo, perfino per millenni, su di esse, ma fa meno strada; chi riflette fa molta più strada, ma si priva della possibilità di approfondire al massimo il sapore, la bellezza, la profondità di ogni singolo pensiero, come uno che corre e non può contemplare le bellezze del paesaggio.
Tenendo conto degli studi di Hadot, possiamo precisare che tra spiritualità e filosofia viene ad esserci una differenza soprattutto di scopo: in entrambi i casi si fa uso del cervello e si vive un’esperienza interiore, ma nel caso della filosofia lo scopo principale, immediato, non sembra essere quello di provare qualcosa dentro. Il filosofo riflette perché prova dentro qualcosa che si chiama interesse, ma non lo fa anzitutto per lo scopo puro di seguire con la sua mente ciò che sta provando dentro. Il filosofo cerca anzitutto di capire, farsi dei concetti, guadagnare delle idee; questo, senza dubbio, gli dà ulteriore esperienza interiore e può anche ritenersi scopo del riflettere, ma il filosofo ha proprio deciso, semmai lo scopo fosse comunque l’esperienza interiore da provare, di utilizzare la riflessione, il capire, il pensare come sorgenti di tale esperienza. In questo senso il fare filosofia, nel suo produrre esperienza spirituale, viene ad assumere lo stesso ruolo che ha, per esempio, la musica, nel produrre i suoi effetti spirituali. Dunque, facendo filosofia si fa uso di una sorgente specifica di esperienza spirituale. Invece, quando si tratta di mirare direttamente alla spiritualità, si tende a prescindere da qualsiasi sorgente particolare, compreso anche il riflettere. In questo senso ho già detto che una pratica privilegiata della spiritualità è il silenzio; anche il filosofo fa molto silenzio, ma nel caso della spiritualità si tratta anche di silenzio del riflettere, del mettere idee sul tavolo di lavoro. Non si tratta di reprimerle, ma di non cercarle come strumento essenziale per vivere l’esperienza spirituale.
A proposito di Hadot, trovo molto importante il suo lavoro di evidenziazione della filosofia come esperienza spirituale, ma il suo modo di descrivere i dettagli di quest’esperienza fa uso di riferimenti che non chiariscono nulla di preciso, nulla che non si presti ad essere inteso in mille modi ambigui; questo è ciò che vedo succedere, più in generale, in ogni parlare che oggi si fa di spiritualità e per questo ritengo utile il tentativo, che sto facendo in questo blog, di rifuggire da tutto ciò che rende la spiritualità ambigua, imprecisata, confusa, in modo da concepirla invece in termini che permettano un consenso comune, generalizzato sulla comprensione di ciò che di essa diciamo.
Riassunto del video
La spiritualità riesce a cogliere trasversalità che invece la filosofia, in quanto consapevolezza, fa più difficoltà a individuare. È un discorso che viene ripreso nel video Storia della parola spiritualità. Per favorire questa spontaneità, la spiritualità ha bisogno anche di momenti di solitudine.
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