Indice delle lezioni

 

L’esperienza di una spiritualità umana, nei termini in cui abbiamo tentato di descriverla finora, possiede una sua capacità di attrattiva presso colui che la vive e proprio per questo può essere sentita come soggetta a minacce.

Può avvenire che la persona che abbia deciso di coltivare questo genere di cammino si persuada, nel tempo, che esso sia l’essenziale, il massimo e il meglio dell’esistenza umana. Non c’è nulla di oggettivo in tutto questo e la persona interessata lo sa o, per lo meno, dovrebbe saperlo, visti i termini in cui l’abbiamo delineato finora. È un’esperienza che non è né bene né male, ma attira; dalla sua ha il vantaggio dell’adozione del senso critico come pratica coessenziale, ma anche il senso critico non ha a sua volta un valore oggettivo; in sostanza, stiamo continuando a muoverci nei meandri della soggettività umana, senza alcuna pretesa e consapevoli di questa necessaria modestia.

L’interessato in quest’esperienza, una volta che la ritiene così importante, di conseguenza la considererà anche a rischio di minacce da parte di qualsiasi altro aspetto dell’esistenza che ne possa distogliere e possa farne smarrire la memoria.

Una delle minacce all’esperienza di spiritualità umana è costituita dalle sorgenti di esperienze spirituali particolari. La musica, per esempio, oppure la letteratura o qualsiasi altra arte o esperienza, possiede anch’essa un suo potere attrattivo che, come tale, si pone in concorrenza con tutte le altre esperienze in grado di attrarre, tra cui l’esperienza spirituale in sé, la spiritualità umana, quella che abbiamo considerato come comune denominatore di tutte le esperienze e che come tale trova nel silenzio la pratica più adatta a farla vivere con consapevolezza. Qualsiasi cosa in grado di ricevere attenzione umana ha una sua capacità distrattiva dal resto e accentratrice verso di sé, così come spesso avviene quando si parla di una questione qualsiasi e dopo un po’ sembra quasi che quella questione o quella prospettiva sia la più importante o addirittura l’unica mai esistita al mondo. Lo stesso può avvenire, ovviamente, proprio con la spiritualità, nel senso che essa, oltre che essere minacciata, può a sua volta costituire una minaccia per il resto delle esperienze. Come dicevo sopra, tuttavia, l’esperienza spirituale può vantare in sua difesa la pratica della critica e dell’autocritica.

Un’altra “cura”, di heideggeriana memoria, in grado di porre a rischio la memoria della spiritualità è la ricerca, per molti versi necessaria, del benessere. La ricerca fondamentale in questo senso è costituita dalla necessità di procacciarsi del cibo, un tetto sotto cui stare, dei proventi di cui vivere. La persona che sia rimasta esistenzialmente affascinata dalla spiritualità può arrivare a giudicare queste cure come consistenti minacce, in grado di far dimenticare lo scopo a cui esse dovrebbero sottostare. Naturalmente, in una situazione del genere la spiritualità presta il fianco all’accusa di essere oppio dei popoli e, come ho già osservato, da qui potrà nascere a sua volta la diatriba su cosa sia vero oppio dei popoli, la spiritualità oppure la ricerca del benessere che induce alla smemoratezza. Può succedere addirittura che le ricerche del benessere possano essere talmente sentite come minacce da indurre non solo a non estremizzarle, ma addirittura a rifuggirle. Mi sembra evidente che questo sia un errore causato da una riflessione a senso unico, cioè un insistere mentalmente a tal punto sul pericolo di esagerare una prospettiva, fino a dimenticare che le minacce non sono costituite da quella prospettiva in sé, ma soltanto dalla loro esagerazione.

Ci sarebbe poi da discutere su quali siano i modi e le misure per stabilire in cosa consiste l’esagerazione, ma qui può essere sufficiente ricordare che stiamo continuando a muoverci nell’ambito della soggettività.

Tra le ricerche essenziali e necessarie che la nostra esistenza richiede e che tuttavia rischiano, pur essendo benefiche, di minacciare la spiritualità, c’è poi la ricerca e il bisogno della socialità. Riguardo a questo può essere significativo il romanzo di Richard Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston, dove si evidenzia come la ricerca di vette spirituali si paghi purtroppo col prezzo della solitudine.

Va osservato che tutto ciò che può costituire minaccia all’esperienza spirituale ne è però al contempo anche strumento necessario: non è possibile vivere un’esperienza spirituale senza relazioni col mondo esterno, senza mangiare, senza rapporti sociali. Sarà l’esperienza spirituale stessa, col suo dosaggio di senso critico, ad orientare ciascuno nella sua valutazione dei modi e delle misure più adatte con cui praticare ogni attività. Rimane come fondo comune una necessità, da ciascuno sentita a suo modo e con sue misure, di coltivare, mantenere viva una memoria della spiritualità, una memoria che è già atto e si può anche organizzare come pratica della memoria, una pratica in cui la religione ebraica e quella cristiana sono maestre.

Un’ulteriore serie di fattori passibili di essere valutati come minaccia è costituita da elementi interni che costituiscono il nostro essere: mi riferisco alla nostra capacità di stancarci, annoiarci, aver bisogno di distrazioni. Credo che sia giusto chiamare queste cose “capacità”, piuttosto che “limiti”, “difetti” o “bisogni”, perché contribuiscono a proteggerci dalla monotonia, da schiavitù e fanatismi mentali.

Infine consideriamo il lavoro come sottrazione di risorse allo spirito: nessuno meglio di Marx ha evidenziato che il lavoro significa espropriazione della vita e io aggiungo dell’attenzione, della consapevolezza, della spiritualità.

L’elencazione di tutti questi rischi dovrebbe servire non solamente a far riflettere sulla necessità per ciascuno di organizzare i propri modi e le proprie misure per ogni attività, ma soprattutto a dare l’idea che, se tutte queste attività possono, ad un certo momento, essere percepite nella loro rischiosità, vuol dire che nella persona si è fatta strada un’esperienza spirituale in grado di attrarre, di affascinare e credo che una sua grandezza fondamentale consista nel fatto che si tratta di un fascino che si esercita in stretta connessione con l’uso del senso critico. L’apprezzamento di ciò potrà condurre, com’è avvenuto per l’ebraismo, a pensare, ad organizzarsi, ciascuno a proprio modo, pratiche di coltivazione della memoria proprio per rimediare ai fattori di rischio elencati; una memoria che dovrà essere sempre fecondata dal nuovo sperimentare, per non rischiare di trovare in essa soltanto vecchiume ammuffito, nostalgie di poco valore o nient’altro che il nulla.

Riassunto del video

Una minaccia percepita per la spiritualità è la lentezza con cui il mondo progredisce; a questa situazione di sofferenza, ma anche di rischio di superbia, la risposta migliore rimane la pratica della spiritualità stessa, del camminare.