Indice delle lezioni

 

La psicologia è cura, la spiritualità è esperienza

La differenza tra psicologia e spiritualità può risultare a prima vista difficile da individuare, poiché entrambe si occupano dell’interiorità umana, dei suoi contenuti e delle sue dinamiche, o anche sono l’interiorità umana. Ci si può chiedere, per esempio: sentirsi in disagio perché non si riesce a trovare un senso alla propria vita è una questione più che altro psicologica oppure essenzialmente spirituale? Questa domanda può farci da guida a distinguere la psicologia dalla spiritualità. Essa contiene due riferimenti principali: il senso della vita e il disagio. Di fronte ad essa la psicologia si occuperà di come risolvere lo stato di disagio, mentre la spiritualità si occuperà dell’esperienza interiore creata dal relazionarsi col senso della propria vita. Faccio osservare che non ho detto che la spiritualità cerca di capire il senso della vita: la spiritualità non è tanto riflessione, ma soprattutto esperienza; essa non si occupa tanto di capire qual è il senso della vita, quanto piuttosto di vivere l’esperienza interiore che il senso della vita suscita dentro di noi.

Tornando al nostro discorso sulla ricerca delle differenze, emerge che la psicologia non si occupa di trovare un senso all’esistenza: questo è un lavoro compiuto dalla filosofia; la psicologia non si preoccupa di fare attenzione all’esperienza interiore tale e quale; essa si preoccupa più del disagio e del benessere della persona. In questo senso ci è d’aiuto osservare che, dal punto di vista della ricerca che compiono, la psicologia è figlia della medicina, mentre la spiritualità è figlia della filosofia. Freud, considerato il padre della psicologia, fu anzitutto un neurologo che curava i suoi pazienti e cercava di restituire loro il benessere interiore.

Purtroppo è possibile imbattersi molto facilmente in persone o testi che si occupano di spiritualità, presentandola anzitutto come via per il benessere e la felicità. A questo punto comprendiamo che proprio questo è un segno chiaro di impostura, ignoranza, falsità. Se la coltivazione di una certa spiritualità assume come scopo fondamentale la felicità e il benessere, vuol dire che manca di senso critico, il che significa che non stiamo avendo a che fare con una figlia della filosofia. La spiritualità, in questo senso, è piuttosto paragonabile alla letteratura, alla musica, alle arti: esse si praticano anzitutto non per la ricerca di un benessere o della felicità, ma perché si fanno apprezzare come occasioni di crescita, arricchimento, conoscenza. In questo senso, può benissimo accadere che un’esperienza artistica provochi perfino malessere, sofferenza e però viene scelta e praticata perché la si considera fonte di arricchimento culturale. Si può pensare, per esempio, a certi testi pessimisti sul senso della vita, come i libri scritti dal filosofo Emil Cioran. Questo discorso potrebbe essere piegato sostenendo che anche testi di questo genere vengono letti pur sempre in vista di quel certo benessere interiore causato dalla consapevolezza di avvicinarci a ciò che riteniamo verità; questo però non è altro che il risultato del fatto che qualsiasi discorso può sempre essere piegato in modo da farlo rientrare nell’interno di una prospettiva. Anche nel discorso che stiamo facendo qui, sulla differenza tra psicologia e spiritualità, siamo consapevoli di muoverci pur sempre dentro prospettive; la differenza è che noi qui manteniamo la consapevolezza della relatività di ogni prospettiva. Difatti non pretendiamo di separare con un taglio netto la psicologia dalla spiritualità, ma di approfittare del nostro interrogativo per conoscerle meglio e farne una migliore esperienza.

Psicologia e spiritualità possono anche intrecciarsi in maniera da dar luogo a psicologia della spiritualità e, viceversa, spiritualità della psicologia. Nel primo caso avremo lo studio di come la pratica di una spiritualità possa creare benessere oppure problemi alla persona, nel secondo caso avremo la ricerca su come l’attenzione alla psicologia possa essere un’esperienza in grado di arricchire la vita interiore e conferirle guadagni in termini di sensi dell’esistenza.

Va osservato che la psicologia non si occupa soltanto di chi sta male: essa è anche in grado di occuparsi delle dinamiche interne della persona, indipendentemente dalla ricerca su come farla stare bene. Per esempio, la psicologia studia certi meccanismi che s’innescano nel sentirsi figli di un padre e di una madre, indipendentemente dalla considerazione del benessere o malessere che vi siano collegati. Da questo punto di vista, effettivamente psicologia e spiritualità vengono a risultare, come minimo, intrecciate molto strettamente e difficili da districare l’una dall’altra; non vedo difficoltà, in questo senso, ad ammettere che, per alcuni versi particolari, psicologia e spiritualità si fondono completamente, sono proprio la stessa cosa; ovviamente le differenze emergono appena la ricerca si fa più dettagliata: la psicologia prenderà per esempio la strada di approfondire certe dinamiche comportamentali collegate all’essere figli, mentre la spiritualità potrà occuparsi di come l’essere figli può essere occasione di meditazione, di silenzio; in ogni caso sembra chiaro che, come per ogni cosa di questo mondo, tra psicologia e spiritualità possono anche esserci degli specifici, particolari punti d’incontro in cui esse si fondono fino ad essere esattamente la stessa cosa.

Salve a tutti. Siamo arrivati al video intitolato “Differenza tra psicologia e spiritualità”.

Nel post ho già evidenziato alcune somiglianze e differenze, qui sottolineo che c’è un metodo della psicologia che è particolarmente simile alla tendenza fondamentale della spiritualità ad essere creativa. Abbiamo già parlato di creatività nel video precedente riguardo alle differenze tra spiritualità e religione, adesso si tratta di portare avanti questa linea evidenziando che c’è creatività anche in questo somigliarsi della spiritualità con la psicologia. In particolare mi riferisco al metodo che in psicologia viene chiamato della “Gestalt”, con termine tedesco. “Gestalt” significa “forma” o “rappresentazione”. Cioè, la psicologia della Gestalt rivolge la sua attenzione al modo in cui la persona rappresenta a sé stessa la realtà o la sua esistenza, insomma il modo in cui la persona è consapevole, il modo in cui si fa un’immagine di ciò che sta succedendo, di ciò che è la sua vita, di ciò che è la realtà. Ora, una particolarità di questo metodo è che in questo caso lo psicologo cerca di astenersi dall’applicare frettoloso di teorie, arrivare subito a una diagnosi e quindi interpretare tutto l’andamento del paziente in quella visione. Al contrario, in questa metodologia della Gestalt, lo psicologo cerca di tener presente che lui non sa di che cosa si tratta, non sa quali sono le soluzioni, ma deve scoprirlo insieme al paziente. Chiamiamolo paziente, ma non è necessario che sia un malato, può essere anche una persona normale che vuole conoscere meglio sé stessa. In questo senso lo psicologo è anche invitato ad essere creativo, cioè ogni paziente è un caso a sé e può richiedere soluzioni inedite, visioni che magari lo psicologo non aveva ancora studiato, ma facendosi una sintesi con la sua esperienza, con ciò che il paziente sta dicendo, può individuare un modo nuovo di inquadrare la questione e quindi di trovarvi delle soluzioni. Riguardo a questo modo di procedere, c’è un accenno anche nel post “Narrare non sperare”: in quel post viene detto che il modo di interpretare il senso dell’esistenza alla fin fine è sempre nuovo, sebbene ci siano dei collegamenti con il passato. Quindi spiritualità necessita di elasticità mentale, capacità di crearsi nuovi schemi, sebbene, come ho detto, rimane un collegamento con il passato, quindi con l’esperienza vissuta, con le categorie che uno già si è creato, e in questo senso anche una prevedibilità del futuro, nella misura in cui non è tutto rivoluzione, sempre in partenza da zero. Quindi, in sintesi, tra psicologia e spiritualità viene ad esserci questa consonanza, particolarmente in relazione alla metodologia della Gestalt adottata in psicologia.

Ora, riguardo a questo aspetto della creatività, possiamo fare anche qualche passo avanti nella riflessione. Cioè dire, creatività significa anche ascolto, perché la persona creativa è colei che sa ascoltare la storia, il mondo, sé stessa, non rimane chiusa in un modo di vedere. Anche l’essere chiusi può essere considerato ascolto, ma è un ascolto chiuso; l’ascolto vero, aperto, è quello che riesce ad essere anche creativo.

Andando ancora oltre in questa riflessione, teniamo presente che l’ascolto è ciò che ci consente come esseri umani anche di esistere, di sentirci esistenti. In che senso? Nel senso che ognuno di noi ha bisogno di sentirsi ascoltato da altri, perlomeno percepire che gli altri si accorgono di lui e in questo senso ognuno di noi ha bisogno di una società in cui si percepisca che gli altri si accorgano di me, del sé, del soggetto. Ora, in questo senso quindi l’ascolto da parte degli altri, tanto meglio se ascolto aperto, creativo, è quello che mi permette di esistere. Ma il filosofo Sartre ci ricorda che gli altri sono anche l’inferno, cioè dire, sì, l’altro mi ascolta, ma, nel momento stesso in cui mi ascolta, pur con tutta la sua buona volontà, mi riduce ai suoi schemi, alle sue categorie, m’inquadra nella sua natura, che comprende anche il male, comprende anche la legge del più forte che c’è in natura, il farsi concorrenza gli uni con gli altri. Quindi, sì, l’altro, come ascolto creativo, è vita per me, ma è anche un ridurre, ridurmi alle sue categorie. Ora, riguardo a questo, ovviamente viene automatico trovare la conclusione. Cioè dire, intanto gli altri non sono soltanto inferno: ho già detto, l’altro è anche colui che mi fa esistere, con il suo ascolto. Inoltre, a causa di questa difficoltà nel fatto che l’altro può ridurmi ai suoi schemi, proprio la pratica della spiritualità contribuisce a evitare, a diminuire questo rischio, perché abbiamo detto che la spiritualità è creativa. Quindi, promuovendo un ascolto creativo, si riduce il problema di inglobare, ingabbiare l’altro nel proprio modo di vedere, perché, come creatività e come ascolto, cercherò piuttosto di adeguare le mie idee, la mia percezione, a ciò che l’altro è, a ciò che l’altro sta manifestando. In questo senso allora, tra psicologia e spiritualità, abbiamo detto c’è una somiglianza quanto all’essere creativi, e c’è anche un vantaggio nel far sì che l’ascolto dell’altro mi faccia esistere e mi faccia esistere in una maniera arricchita e arricchente, nella misura in cui si tratta di un ascolto creativo. In questo senso tutti, reciprocamente, ci facciamo esistere gli uni gli altri, ci permettiamo reciprocamente un esistere che è in crescita, in continua evoluzione, in creatività.

Vi rimando ai prossimi video, ai prossimi passi del cammino e auguri a tutti di un’esistenza sempre più ricca, che si avvale anche dell’arricchimento reciproco che avviene nella socialità. Arrivederci a tutti.