Scrivere e leggere questo corso, studiare, meditare, condividere la spiritualità, lavorarci, è già un’esperienza di spiritualità per me. Ma cosa significa “esperienza di spiritualità”? La risposta, spero, è nel contenuto di questo corso, così come nell’esperienza di leggerlo. Uno dei suoi scopi primari è infatti quello di chiarire e possibilmente anche dare un’esperienza di cos’è la spiritualità: ho cercato di condividere questa esperienza affinché chiunque possa arricchire con essa la propria vita.
Condividere e spiegare la spiritualità è difficile nella situazione della nostra epoca: oggi la spiritualità è un tesoro maltrattato: è fraintesa, ignorata, sfruttata commercialmente, oggettivata. Spiegherò più avanti in modo più dettagliato quest’ultima parola chiave. Tuttavia non ho intenzione di propormi qui come il salvatore della spiritualità. Pensare in modo troppo convinto al salvataggio della spiritualità sarebbe fanatismo. Penso che la spiritualità meriti un salvataggio, ma senza dimenticare i suoi limiti. Si può notare che l’idea stessa di salvare qualcosa comporta il rischio di tradire la spiritualità. Esamineremo anche questo argomento in modo più dettagliato in questo corso. Più che la salvezza, un obiettivo radicale di questo corso è una comunicazione personale, un’azione di messa a disposizione di una prospettiva di aiuto sulla spiritualità. L’espressione “comunicazione personale” non va fraintesa: nel contesto della spiritualità, come vedremo, la soggettività non è un limite, non è solo la relatività di un’opinione. Al contrario, è il criterio che dà alle affermazioni il contesto più autentico; affermazioni assolute, anche se spesso necessarie per semplificare il linguaggio, rischiano sempre la tendenza a prevalere su altre opinioni, altre persone, rischiano persino di imporre di nascosto una dittatura.
Quanto ho detto solleva il problema del linguaggio: molti problemi, incomprensioni, persino cattiveria e ipocrisia, sono solo risultati non intenzionali prodotti dal nostro necessario uso del linguaggio. Sono consapevole di non poter sfuggire a questi rischi derivanti dal mettere in parole le esperienze; posso solo chiedere ai lettori di essere vigili sui miei inganni involontari e inconsapevoli: la spiritualità è come un tesoro che ha sempre bisogno di essere ripulito dallo sporco e, in una certa misura, da un certo punto di vista, può anche essere considerata sporco essa stessa. Mettiamo da parte le illusioni, ma facciamo anche sforzi per non perdere la preziosità della spiritualità e l’immenso aiuto che la sua coltivazione è in grado di dare alla nostra esistenza.
Cercherò di essere il più chiaro possibile, corretto, consapevole dei problemi e delle contraddizioni, direi addirittura scientifico, per raggiungere i miei obiettivi. Tuttavia la spiritualità non può essere una scienza, perché è basata sulla soggettività, mentre la scienza è basata sull’oggettività. Allo stesso tempo, una distinzione troppo netta tra questi due campi non aiuterebbe un buon approccio all’universo della spiritualità. Piuttosto, uno scopo essenziale di questo corso è esplorare i modi per la migliore armonizzazione, miglior dialogo, connessione, tra soggettività e oggettività, cercando di chiarire quali sono.
Per questo partirò da un modo sistematico di approfondire la storia della parola “spiritualità” e da una chiara descrizione dei concetti con cui è stata intesa in passato ed è intesa oggi. In altre parole, il mio normale procedimento, in tutto il corso e in qualsiasi argomento, sarà guidato dal criterio di partire da ciò che è chiaro, oggettivo, comprensibile, esprimibile a parole; poi proseguirò nella ricerca per esplorare ciò che percepiamo come soggettivo, critico, interiore, nascosto dietro le parole: ho bisogno delle parole per guidare la consapevolezza dell’interlocutore per immaginare, nel modo più corretto possibile, non solo ciò che voglio esprimere, ma anche ciò che è più comunemente percepito in generale dall’intera umanità. Spero che così si scopra la spiritualità come accade in un’opera di scavo archeologico che riporta alla luce dei tesori.
Di conseguenza, questo corso cercherà di essere il più possibile esatto, disciplinato, ma anche chiaro e semplice, umano, perché la spiritualità è una disciplina, ma non può ignorare l’importanza della spontaneità e, direi, anche dell’umorismo, per far emergere e promuovere il meglio della nostra umanità.
La ricerca critica è condotta con criterio umanistico , scientifico e filosofico.
Applicare criterio umanistico significa studiare la spiritualità con la stessa responsabilità con cui nelle scuole e negli istituti di ricerca si studiano, per esempio, letteratura, psicologia, storia, sociologia, cioè le cosiddette “scienze umane”; esse differiscono dalla scienza tale e quale perché non si limitano a ciò che è strettamente misurabile e dimostrabile; per esempio, per studiare lo stile di un poeta, le scienze umane non si servono solo di analisi strutturali, che sarebbero spesso eccessivamente complesse e vaste per poterle portare a termine, ma si affidano anche alla sensibilità degli esperti di critica in quel campo. Ciò non significa che i critici letterari si possano permettere qualsiasi affermazione senza doverla dimostrare, ma che si servono dei dati dell’esperienza in maniere più globali, complessive, sintetiche, trasversali, piuttosto che in modo esclusivamente analitico e dettagliato, come si fa, per esempio, in fisica, matematica, chimica. Le vie trasversali possono essere paragonate a quanto spiegato nel post Strutture della spiritualità – II. Oltre a ciò, la specificazione “umana” è intesa anche in contrapposizione a “universale”: si rivela utile alla ricerca distinguere una spiritualità diffusa in tutto l’universo da un’altra che invece riscontriamo specificamente dentro di noi.
Usare un criterio scientifico significa sforzarsi di restringere il campo della ricerca a ciò che è documentabile, dimostrabile, spiegabile, ripetibile. Ne consegue che campi solitamente riferiti alla spiritualità, come il paranormale, l’esoterismo, il soprannaturale, qui vengono apprezzati semplicemente come manifestazioni del comportamento umano. Nella nostra ricerca ci si interessa di una spiritualità che anche uno scienziato, un materialista o un ateo devono poter seguire.
Mantenere un confronto con la filosofia, a favore della serietà della ricerca, significa essenzialmente dare importanza alla critica e all’autocritica, specialmente per quanto riguarda la critica relativistica della metafisica. Un esempio di questo tipo di critica è il “pensiero debole” di Gianni Vattimo, ma possiamo pensare anche a Heidegger o a ciò che viene chiamato “postmoderno”. Chi voglia credere nell’esistenza di “spiriti”, come tali non materiali, ma appartenenti ad altre dimensioni, è libero di farlo, ciò non è rilevante ai fini della ricerca che qui s’intende perseguire; quello che importa è che tutto ciò di cui qui si parlerà, materiale o non materiale che sia, sarà comunque inteso in una maniera incompatibile con qualsiasi idea di verità intesa come oggettiva, reale, qualcosa a cui, secondo alcuni, tutti dovremmo adeguarci “perché è così”, “perché è vero”. Da questo punto di vista non è raro che anche persone atee siano in realtà molto dogmatiche. La spiritualità intesa qui è invece relativista, critica e autocritica su tutto, sempre in divenire, predisposta al dubbio su ognai cosa, inclusa sé stessa. Per una migliore comprensione della filosofia che sta alla base di questa concezione, consiglio la lettura idel mio libro Camminare, disponibile gratuitamente in questo sito.
Il cammino critico che la filosofia ha percorso nel mondo consente oggi un lavoro di recupero alla serietà del patrimonio umano di esperienza indicato dalla parola “spiritualità”; non c’è da accusare nessuno per quanto detto sopra, si tratta di procedere con una mentalità storica, che in realtà permette di apprezzare il cammino percorso, liberandone però l’interpretazione dai presupposti metafisici. Un ritratto efficiente dei nuovi sforzi nella situazione attuale è in Jacob Waschenfelder (2011), The World Suffices: Spiritualities without the Supernatural, Journal for the Study of Spirituality 1:2, 171-186.
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