Camminare è un tentativo di sperimentare il bene
Per una valutazione del camminare è utile partire dall’osservazione che il male dà luogo al problema della teodicea, cioè la questione di come possa esistere il male se Dio è buono; questo problema teologico demolisce il cristianesimo e ogni religione che intenda far riferimento a un Dio inteso come persona in grado di dare risposte o comunque come bene.
Oltre a questo, il problema dà luogo anche all’impossibilità di qualsiasi comprensione razionale e qualsiasi ermeneutica del mondo e dell’esistenza, in quanto atti umani che non possono ignorare l’inaccettabilità di un mondo così ingiusto. In altre parole, se il problema della teodicea conduce a concludere che Dio non può esistere, il problema del male verrebbe a condurre la mente umana a dover concludere che questo mondo non può esistere, non esiste. La conclusione può sembrare grottesca a menti abituate a pensare in modo metafisico, ma la questione, più che riguardare l’esistenza del mondo, riguarda le nostre possibilità di comprensione di esso.
In questo senso il male non solo rende impossibile ogni metafisica, ma è esso stesso la metafisica, come tentativo di ignorare il dubbio e l’incompatibilità di pensiero umano e male. In questo contesto va osservato che la spiritualità umana non è pensiero, ma esperienza di un pensare, nel momento in cui tale pensare cerca di essere un camminare umano. Come figlia del camminare, la spiritualità umana è anche autocritica, cioè consapevolezza della possibilità di essere perfino essa stessa male, nella misura in cui è parte superata di un cammino, oppure non si pone come camminare, o anche per la consapevolezza che nell’umano abita anche il non umano e perciò è necessario camminare. In questa prospettiva di sensibilità umana, il camminare può essere considerato non solo come un dato di fatto che comunque si realizza in questo mondo, ma soprattutto come tentativo di realizzare, in sé stessi e nel mondo, qualcosa che si faccia sperimentare come bene. Il camminare in sé, dunque, non si pone come bene, ma soltanto come esperienza possibile, come facoltà umana che riesce a farsi apprezzare e che sembra valga la pena di contribuire a far esistere nel mondo.
Riassunto del video
Di fronte all’impossibilità di comprendere il mondo, a causa del male, risulta più fruttuoso chiederci cosa fare con esso, piuttosto che volerlo comprendere. Una risposta può essere quella di camminare; in questo senso il camminare non è una comprensione, ma un tentativo di uso favorevole.
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