Indice delle lezioni

 

Spiritualità ed essere per la morte

Essere per la morte è un’ermeneutica di Heidegger che in una spiritualità critica non può essere ignorata. Il discorso impostato sul crucipuzzle ci ha fornito una base per dare l’idea dei connotati strutturali in cui io considero la spiritualità, ma a questo punto m’interessa approfondire la percezione umana di tutto questo.

Per noi esseri umani è impossibile parlare di qualsiasi cosa se non inquadrandola nel nostro modo umano di percepirla. Ma che cos’è il modo umano di percepire le cose? Teoricamente è impossibile farcene un’idea, perché non abbiamo termini di paragone alternativi, visto che ci è impossibile uscire fuori dalla nostra percezione umana di ogni cosa. Nella pratica però è possibile provare ad intraprendere delle vie. Finora, la via più importante esplorata in questa ricerca mi sembra quella di Heidegger. Egli, nel tentativo di trovare la caratteristica principale di ciò che è umano, la trovò nella nostra consapevolezza di essere destinati a morire, essere per la morte. Cioè, noi esseri umani, nel tentativo di individuare la nostra specificità, abbiamo l’impressione che essa consista nel nostro essere consapevolmente condizionati dalla morte che ci attende. Certi filosofi avevano detto prima di lui che l’uomo è un animale razionale, cioè si distingue da ogni altro essere perché è un animale capace di ragionare. Il fatto è che anche altri animali dimostrano certe piccole capacità che sembrano essere paragonabili a ragionamenti. Inoltre, anche un computer è capace di operazioni che hanno tutte le sembianze dei ragionamenti. L’animo umano, tuttavia, ci mostra ricchezze ben più grandi dei semplici ragionamenti. Per questo Heidegger pensò che la grandezza umana consiste non nella capacità di ragionare, ma nel nostro modo di essere consapevoli della morte che ci aspetta. Anche un animale può dimostrare qualche collegamento mentale con la morte che lo aspetta, per esempio per il fatto che mette al mondo dei figli. Ma per l’uomo l’attesa e la presenza della morte sono vissute con una ricchezza d’animo ben più grande e profonda, che si dimostra, per esempio, nelle opere d’arte e della cultura in genere. Heidegger morì nel 1976 e mi sembra che, dopo di lui, finora nessun altro filosofo abbia saputo approdare a idee nuove paragonabili alla grandezza delle sue.

A mio avviso, però, il pensiero di Heidegger ha avuto un limite fondamentale, che consiste nell’essersi mantenuto sulla linea della ricerca sull’essere. Cioè, egli arrivò alla conclusione che l’uomo è un “essere per la morte” a partire dalla domanda “che cos’è l’essere?”; la sua risposta fu che l’essere non è ciò che esiste, non è la caratteristica di ogni cosa che possiede in sé l’esistenza. L’essere è l’uomo che aspetta la propria morte. Tutte le altre cose noi le percepiamo, anche senza accorgercene, sempre all’interno di quest’orizzonte.

Riassunto del video

L’essere per la morte nella filosofia di Heidegger significa anche morte di una filosofia che sa parlare solo di enti universali; una nuova sintesi nella spiritualità tiene conto dell’importanza di ciò che è soggettivo.