Fin qui ho provato ad approfondire non tanto i significati, ma le strutture della spiritualità, specialmente attraverso il modello del crucipuzzle. A questo punto è opportuno rendersi conto che una visione solo strutturale non permetterebbe di sfruttarne tutte le potenzialità.
Un esempio può aiutare a capire meglio. Di fronte ad un testo scritto, uno scienziato potrebbe analizzare quante parole ci sono, che forma ha ogni singola lettera, quanto inchiostro è stato consumato, in che percentuale sono presenti linee diritte e linee arrotondate e così via all’infinito. Si potrebbero anche impiegare milioni di anni in tutte queste analisi, si potrebbe avere la sensazione che di quel testo scritto ormai si sa tutto, eppure potrà succedere che ci manchi una parte essenziale: non sappiamo cosa quel testo significa, perché non abbiamo mai preso un vocabolario per cercare i significati di quelle parole e quelle frasi e provare a capire che cosa esso vuol dire. Tutte le analisi che lo scienziato ha fatto sono analisi strutturali, ma lo studio delle strutture ha il limite di non farci entrare nel significato. Da parte sua invece, lo studio del significato contiene il limite di essere condizionato dalla nostra mentalità, quindi ci resterà sempre il dubbio se abbiamo capito bene. Anche lo studio delle strutture è condizionato dalla nostra mentalità, ma esso è più matematico, meno soggetto ai modi personali di pensare di questo o quello scienziato.
Una distinzione simile viene espressa in filosofia parlando di “analitici e continentali”. “Analitici” sono i filosofi che preferiscono approfondire lo studio delle strutture del pensiero, del linguaggio, del mondo; “continentali” sono quelli che invece scelgono di occuparsi dei significati che la filosofia ha per l’esistenza dell’uomo. Una distinzione simile si fa nel linguaggio tra semiotica e semantica: semiotica è lo studio delle strutture del linguaggio, tra cui, per esempio, l’analisi grammaticale, semantica è lo studio dei significati delle parole.
Nei prossimi articoli proverò ad entrare nei significati della spiritualità, nei suoi usi pratici, in ciò che essa può significare per la nostra esistenza.
Salve a tutti. Siamo arrivati al post numero sei, un post intitolato “Differenze tra strutture e significati”. In questo post ho fatto osservare che le sole strutture non permettono di comprendere appieno una parola, un discorso o altre cose più in generale. È necessario fare attenzione al significato, che, guarda caso, potrebbe anche essere trascurato, dimenticato. Ora, in questo video aggiungo che questa questione del comprendere, capire il significato, la comprensione, si lega anche all’esperienza, cioè: il come io capisco una cosa, una parola, un discorso, qualsiasi cosa, è condizionato anche dall’esperienza che io ne ho vissuto in passato, o ne sto vivendo proprio mentre sto cercando di comprendere quella cosa. Cioè esistono due componenti del relazionarsi con con le cose: una componente è il capire, il comprendere, riflettere, pensarci, far funzionare la mente; un’altra componente è lo sperimentare, che coinvolge anche la mente, ma si lega di più ad altre parti della mente, come possono essere le emozioni, l’istinto o anche i sensi, la vista, l’udito, eccetera. Il comprendere e lo sperimentare. Questa questione si può richiamare facilmente alla mente se pensiamo a quante volte diciamo su certe cose “per capirlo bisogna provarlo, per capirlo bisogna esserci, altrimenti non lo puoi capire”, a volte diciamo anche dei politici, “non capiscono perché loro non sono nell’ambiente del lavoro, non vivono le difficoltà di tanta gente” e cosìvia. Ora, per vedere bene questa questione, trovo significativo il paragone con il rapporto tra medico e malato. Chi tra i due comprende meglio la malattia, il medico che l’ha studiata, l’ha approfondita, ha sentito i pareri di tanti studiosi specialisti, ma non l’ha mai sperimentata sul suo corpo, o il malato, che invece l’ha sentita su di sé, ne ha percepito tutte le sensazioni, eccetera? È ovvio che, in questa condizione, ciascuno dei due possiede una parte della comprensione della malattia: il medico la comprende dal punto di vista intellettivo, il malato la comprende dal punto di vista dell’esperienza e ci possono essere aspetti sfuggiti sia al medico e sia al malato. Mi riferisco specialmente agli aspetti della malattia come coinvolgimento dell’esistenza, come evento che può modificare il senso della vita, di tutto ciò che sperimentiamo prima e dopo la malattia. In questo senso quindi non basta solo il capire o solo lo sperimentare, si comprende che ci vogliono entrambi ed entrambi si influenzano a vicenda. Il modo come io gestisco l’esperienza di un evento condiziona, può modificare il modo come io poi ci ragiono, come la comprendo con la mente e viceversa, il modo in cui coltivo la comprensione della mente può condizionare il modo poi in cui io sperimento quella cosa, la sperimento non solo recependo quell’evento, ma anche quando poi sono io a decidere di fare qualcosa. Ora, una volta preso atto, una volta acquisita coscienza che sperimentare e capire si condizionano a vicenda, ne consegue che vale la pena curare entrambi questi fattori, curare il modo con cui io capisco le cose, il modo in cui faccio funzionare il cervello e il modo come gestisco l’esperienza, cioè che cosa faccio con il mio essere, mentre l’esperienza fluisce, entra verso di me, esperienza che può essere anche un fiore di cui ammiro la bellezza, sento il profumo. Ma cosa fa la mia mente, cosa fa il mio essere davanti a quel fiore? Tutto questo può essere curato, può essere gestito. In questo senso, allora, diventa un’arte, arte di curare come sperimentare e come gestire il ragionare, nell’incontro con gli eventi, e anche arte di scegliere cosa sperimentare. Parlavo del fiore, ma io potrei preferire di non guardare quel fiore e guardare qualche altra cosa. La scelta condizionerà le esperienze che si accumuleranno nella mia vita e condizionerà tutto il mio essere. Questo si viene ad applicare alle piccole e alle grandi cose, cioè le piccole esperienze di ogni giorno e poi anche i grandi significati di tutta la mia esistenza. Posso scegliere a livello di vita intera quali esperienze privilegiare, su quali tornare con la mia mente, con la mia riflessione o con direttamente lo sperimentare. Questo viene ad essere la spiritualità, cioè un lavoro di permeare, modellare se stessi nel curare, gestire, coltivare il modo in cui faccio entrare le esperienze in me e il che cosa faccio con la mente sia quando ci rifletto e sia mentre queste esperienze fluiscono verso la mia persona. Credo che ovviamente tutto questo sia un’arte che meriti di essere coltivata, perché viene a condizionare, come ho detto, il nostro essere la nostra esistenza, il nostro interagire con il mondo e quindi può risultare arricchente per chiunque. Il proseguimento del camino è destinato proprio a questo, trattandosi appunto di un cammino di spiritualità. Vi rimando alla prossima puntata e buon cammino a tutti.
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