Indice delle lezioni

 

Premessa

È ovvio che la differenza tra religione e spiritualità può essere compresa soltanto dopo aver acquisito delle idee distinte su cos’è la religione e cos’è la spiritualità. Tenendo conto di tutta la confusione, le false informazioni e i sedicenti maestri che circolano dovunque, aventi a che fare con la spiritualità, mi trovo costretto ad avvisare che la differenza tra religione e spiritualità non può essere capita soltanto leggendo quest’articolo: se prima di questo ne ho scritti altri 22 per dire cos’è la spiritualità e correggere le idee sbagliate al riguardo, significa che non si può pretendere di capire in cosa differisce dalla religione senza un precedente lavoro per formarsi idee corrette in proposito, il lavoro appunto compiuto negli articoli precedenti del blog. Grazie a questo lavoro ora ci troviamo attrezzati per orientarci correttamente e senza troppe difficoltà sulla differenza tra religione e spiritualità.

Differenza tra religione e spiritualità

La prima differenza più evidente è il fatto che la spiritualità è universale, tant’è vero che anche gli atei rivendicano la loro, mentre la pratica di una religione è limitata a chi vi aderisce esplicitamente. In questo senso la religione può essere considerata una parte, un sottoinsieme dell’universo costituito dalla spiritualità e quindi, più che di differenza tra religione e spiritualità, è il caso di parlare di somiglianze.

Inoltre, ogni religione chiede ai suoi aderenti di essere fermamente convinti delle sue verità; al contrario, la spiritualità è autocritica, sempre disposta a mettersi in questione su tutto. Di per sé anche riguardo alla religione esistono tentativi di impostarla in maniere non dogmatiche; a questo proposito si parla anche di teologia non dogmatica o di cristianesimo postmoderno. Credo che però questi tentativi siano destinati a prendere atto che con il problema della teodicea non c’è autocritica che tenga; in altre parole, una fede esperienziale in un Dio che non dà risposta sul male presta il fianco all’accusa di essere una fede troppo divorziata dalla riflessione critica. Io ho attraversato diverse fasi in tutto questo e non potrei pretendere che ciò che è problematico per me debba esserlo per tutti; il dibattito rimane comunque aperto.

Un’altra caratteristica delle religioni, anche se non di tutte, è la relazione con un Dio o più Dèi trattati come persone. Ho già fatto osservare che, se la personificazione di Dio è atta a proteggerci da altre personificazioni idolatre, a sua volta c’è bisogno di qualcos’altro che ci protegga dall’idolatria di Dio. La spiritualità, come già detto, non è una persona, da questo punto di vista essa può essere sentita come meno confortante, ma solo per chi si è abituato a certi schemi e trova difficoltà a familiarizzarsi con modi di vivere diversi, è proprio il caso di dire con spiritualità diverse.

Le religioni contengono normalmente riti, liturgie, osservanze a cui attenersi; la spiritualità non è vincolata a nessuna pratica, se non a qualsiasi attività che ogni persona scelga liberamente di seguire. Anche questo può apparire non rassicurante, ma la sensazione può anche essere nient’altro che il disagio della libertà per chi per troppo tempo si è abituato a vivere da schiavo.

Ogni religione ha dei suoi rappresentanti, sia viventi che appartenenti alla storia remota, che consentono di definire, almeno esteriormente, l’appartenenza ad essa; in questo senso, è appartenente ad una certa religione non chi dice di esserlo, ma chi è riconosciuto come tale da parte dei rappresentanti di riferimento; questo ha la funzione di mantenere un certo ordine all’interno delle religioni. La spiritualità non ha rappresentanti; il lavoro fatto fin qui per definirla non serve a stabilire chi ne fa parte e chi ne è escluso, ma allo scopo esattamente opposto: serve a mostrare che tutto il mondo è spiritualità e le distinzioni al suo interno non sono altro che l’equivalente della distinzione che facciamo tra una persona e l’altra, un oggetto e l’altro.

Se ogni religione ha una sua storia e un suo modo di relazionarsi con la storia, la storia della spiritualità coincide con la storia dell’universo e il suo modo di relazionarsi con la storia non è altro che il lato interiore del nostro vivere e sperimentare la storia. In questo senso, aver detto che la spiritualità può essere considerata un’ermeneutica non vuol dire che si tratti di un’ermeneutica ben precisa a cui legarsi: è un’ermeneutica come metodo e come esplorazione di tutte le ermeneutiche; tra tutte, nessuna di esse viene sposata in particolare.

Riassunto del video

Da un punto di vista storico la spiritualità risulta anche vittima della religione. Essa nasce come impulso creativo presente in qualche singola persona e tenta di comunicarsi, dando così un primo avvio alla nascita di una religione. Per comunicarsi si affida a un bagaglio di parole e comportamenti che, in quanto strumento di controllo, diventano istituzione con un potere, orientata a conservare. Da qui nasce la tensione con gli eredi del fondatore, che sentono a loro volta in sé l’impulso della spiritualità a creare. Questo evidenzia una differenza essenziale tra spiritualità e religione: la spiritualità non ha un fondatore, né un messaggio a cui attenersi, non prestabilisce cosa si potrà creare e cosa no: essa è ascolto di tutti; riguardo a ciò ognuno farà le sue scelte nell’interpretare questi fenomeni come vantaggi oppure svantaggi.